scoprirono il luogo dove Benedetto viveva solitario.
E così iniziarono a frequentarlo
per conoscere la via della vita.
(S. Gregorio Magno: Vita di S. Benedetto)
[Estratto di una relazione pubblicata originariamente sulla rivista monastica ‘AIM Bulletin’ nel 2001]
La strada verso Rangpur
I primi contatti con gli abitanti dei due villaggi risalgono al 1989, quando il monastero era ancora in costruzione; alcuni operai venivano infatti da Rangpur. In quegli anni però non si era mai posta la questione di un loro avvicinamento al cristianesimo. L’approccio con queste persone poteva definirsi - più o meno - quello del dialogo inter-religioso; venivano infatti da noi incoraggiati a vivere da buoni Indù. Tuttavia avevamo sempre presente il dovere di testimoniare la nostra identità cristiana e monastica.
Nel 1997, una famiglia cristiana di Ghona venne al monastero per chiedere assistenza religiosa. Erano stati battezzati da predicatori itineranti di una setta cristiana ed in seguito lasciati a sè stessi. Poichè questa famiglia aveva parenti a Rangpur, i nostri vecchi amici, originari di questo villaggio, ne vennero a conoscenza e di conseguenza decisero anch’essi di avvicinarsi al Cristianesimo.
- Assistenza materiale: il modo scelto per aiutarli è stato quello che abbiamo adottato nel corso degli anni: un aiuto indirizzato a tutti coloro che sono nel bisogno (vedi al riguardo quanto descritto in Nostra realtà).
- Rapporti interpersonali: secondo la tradizione Benedettina, il monastero deve essere sempre aperto all’ospite, nel quale vede Cristo, soprattutto se povero. Perciò gli ospiti devono realmente sentirsi a casa; in particolare devono avvertire un rapporto umano di grande vicinanza con i monaci, in modo che il viaggio verso Cristo non sia soltanto un cammino personale, ma un viaggio fatto insieme. Così facendo sono incoraggiati a condividere i loro problemi personali e familiari.
Anche i bambini richiedono attenzione
- Identità: dal momento in cui queste persone decidono di farsi cristiane, vanno trattate come tali. Molta attenzione deve essere posta nelle relazioni, in modo particolare non bisogna dar loro l’impressione di essere trattati come ex-Indù, perchè ciò potrebbe rendere difficile il loro processo di acquisizione dell’identità cristiana. L’effetto di questo processo di identità si manifesta con il rifiuto, da parte loro, del sistema delle caste (che in pratica si traduce nella disponibilità a sposarsi con persone che nell’Induismo sono considerate di casta inferiore o fuori casta) e con il raggiungimento di uno spirito evangelico che eviti l’instaurarsi di una mentalità da ghetto nei villaggi.
- Formazione spirituale: essendo il Venerdì il giorno settimanale festivo del Paese, è in tale giorno che ci si ritrova al monastero. Al mattino abbiamo la celebrazione dell’Eucarestia con un’omelia-catechesi abbastanza lunga; il pomeriggio è dedicato ad un ulteriore approfondimento religioso: Bibbia in generale, apprendimento e spiegazione dei Salmi (cantati) per la preghiera del mattino, pomeriggio e sera, approccio a problemi etici e morali ecc.
In processione all'inizio della Messa
- A tale riguardo è interessante notare come, anche dopo aver ricevuto il Battesimo, i nuovi cristiani continuino a frequentare il monastero ogni venerdì. Ciò ci ha indotto a proporre loro la possibilità di diventare ‘oblati’ del monastero (Oblati di un monastero sono persone che decidono di diventare spiritualmente membri di un monastero, di ispirarsi, nella vita, alla spiritualità benedettina, e di rendersi attivi in possibili necessità del monastero stesso).
Alcune oblate al lavoro nel monastero
- La domenica, un sacerdote della Parrocchia si reca presso di loro per la celebrazione Eucaristica; poichè nei villaggi non esiste alcuna chiesa, la Messa viene celebrata - a rotazione - in una delle loro case. Anche tutti gli altri aspetti della cura pastorale, quali il conferimento del Battesimo o la celebrazione di Matrimoni, sono -come di dovere- responsabilità del clero parrocchiale.
- Contenuti catechetici: cerchiamo di seguire la pratica catecumenale dei Cristiani dei primi secoli, secondo la quale il catechista spiegava al catecumeno il significato profondo delle azioni/celebrazioni a cui aveva partecipato.
Quindi, dopo che i catecumeni hanno appreso le conoscenze basilari del Cristianesimo (Padre Nostro, i dieci comandamenti, i sette sacramenti, norme etiche fondamentali quali il monogamismo) passiamo a spiegare, ad esempio, il Credo: ogni affermazione (o all’occasione, ogni parola) viene illustrata riportandola al suo contesto biblico e commentata tenendo anche conto delle correlazioni esistenti con esso (creazione/relazione tra l’uomo e il creato/tra l’uomo e Dio/tra uomo e donna/tra gli esseri umani, ecc.).
Un approccio di questo tipo richiede molto tempo, ma secondo noi, è importante per impostare e acquisire un atteggiamento culturale Cristiano basato su una spiritualità biblica. In questo modo si abituano ad avere come riferimento la Parola di Dio e a metterla in pratica.